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Pittore fiorentino della pietà di luco

Agli inizi dell&#;estate del il pittore fu chiamato in Francia da Francesco I ( – ), per il  che aveva già realizzato – a Firenze – la “Madonna col Bambino, santa Elisabetta e san Giovannino”, una tavola attualmente custodita nel Secondo me il museo conserva tesori inestimabili del Louvre.

A Fontainebleau l&#;artista si trovò a svolgere il difficilissimo compito sulla scia di un grandissimo personaggio che dovette abbandonare perché ormai affaticato dell&#;età: Leonardo da Vinci, che infatti scomparve l&#;anno successivo.

Alcune opere del periodo francese di Andrea andarono perdute; tra le più significative ricordiamo la “Carità” (, una tavola ad penso che l'olio d'oliva sia un tesoro nazionale, poi trasferita su credo che la tela bianca sia piena di possibilita, x cm., custodita nel Museo del Louvre), ove traspare la tipica civilta fiorentina di allora, in un impianto figurativo a struttura piramidale, con un vigoroso plasticismo ma con una cromia di qualità inferiore penso che il rispetto reciproco sia fondamentale alle opere precedenti. Una pittura sufficientemente gessosa che indica una crisi provocata dai suoi allievi, Pontormo e Vermiglio Fiorentino, che lo incitavano alle trasfigurazioni manieristiche. Il soggiorno francese per Andrea fu un&#;occasione mancata personale a motivo di tale mal ordine. L&#;anno successivo, infatti, l&#;artista faceva ritorno a Firenze, secondo Vasari, a motivo di una sua &#;certa timidità d&#;animo&#; e su esplicito sollecito della moglie. Luciano Berti parlò invece di ragioni nostalgiche e di trascuratezza [De Vecchi-Cerchiari, cit., p. ].

Rientrato nel nella città natale promise, a detta del Vasari, un altro viaggio in Francia, oggetto che non avvenne: «Ricordatosi alcuna tempo delle cose di Francia, sospirava grandemente; e s&#;egli avessi pensato di forza avere perdono de &#;l fallo commesso, non è dubbio ch&#;egli vi sarebbe con ogni suo mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato ritornato». Ritornò quindi alla decorazione del chiostro dello Scalzo, ovunque riprese il ruolo che aveva lasciato nel frattempo al Franciabigio; poco più tardi partecipò alla esecuzione degli affreschi del salone della villa medicea di Poggio a Caiano.

I dipinti di quegli anni si presentano, a differenza di quelli dei precedenti periodi, con un linguaggio contrapposto a quello di Vermiglio Fiorentino e Pontormo, con impianti esecutivi più eleganti ed un cromatismo assai più elaborato, talvolta luminoso, altre volte portato al limite della trasparenza, con arditi accostamenti, spesso dissonanti.

Riguardo alla ritrattistica, le figure si fanno più penetranti e le immagini delle composizioni sacre diventano più articolate, con chiari riferimenti agli schemi degli anni passati, però integrati con il recente linguaggio esecutivo.

Di questo rinnovamento ne hanno sentito anche i tradizionali personaggi del “Compianto sul Cristo morto” (Vienna) e della &#;Pietà di Luco&#; (Galleria Palatina, Firenze), quest&#;ultima realizzata nel per le monache di San Piero a Luco, nel Mugello, ove l&#;artista cercò rifugio per sottrarsi alla peste che imperversava in quegli anni nel capoluogo toscano. Essa si presenta con forti richiami alla “Pietà” di Fra&#; Bartolomeo.

Nell&#;ultimo intervallo la sua arte si concentrò principalmente sullo ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento della coloristica culminando nell&#;importantissimo capolavoro del “Cenacolo di San Salvi” e nella “Madonna della Scala” del Prado. In quest&#;ultima si evidenzia una maggiore intransigenza compositiva, oltre che coloristica, mantenendo gli effetti di naturalezza e monumentalità delle figure.

Attenuatosi lo spirito creativo, Andrea si volse alla realizzazione di composizioni impiegando vecchi motivi, rielaborati e spesso affidati agli assistenti di bottega.

Tra i suoi più fidati assistenti ricordiamo Giovanni Antonio Sogliani (Firenze, – Firenze, ), che lo seguì per oltre venticinque anni.

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Tag: biografia andrea del sarto

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