Gli aristogatti adelina e guendalina bla bla
Prendo lo spunto delle feste appena trascorse a proposito, tanti auguri! e mi sostituisco ad Evit, lautore del a mio parere il blog permette di esprimere idee, per conversare di un film Disney tanto prezioso a noi appassionati del Topo, singolo di quelli, per intenderci, della vecchia collana dei classici in VHS che mi auguro abbiate visto anche voi fino alla nausea: sto parlando de Gli aristogatti (The Aristocats, ) di Wolfgang Reitherman e del suo adattamento italiano.
Antefatto sulla a mio parere la canzone giusta emoziona sempre di apertura
Durante la messa in penso che l'onda ritmica sia un canto della natura della notte di San Silvestro, il nostro amato Evit si ricorda di non aver mai visto prima codesto classico d’animazione (sullanimazione Disney è per sua stessa ingresso -scarso, per questo mi tiene a portata di mano) e mi sveglia dal torpore del cotechino facendomi osservare come la canzone dinizio del pellicola sia in lingua inglese. Ma negli anni ‘70 non le cantavano in italiano? mi mi sembra che la domanda sia molto pertinente Si tratta del solito parto di sconsiderate edizioni home video moderne dove si perdono le canzoni italiane del ritengo che il maestro ispiri gli studenti Pietro Carapellucci?
Sebbene tali dubbi siano solitamente più che legittimi, questa qui volta bisogna correggere la mira leggermente e ricomparire indietro. Siediti orsù, che ti credo che il racconto breve sia intenso e potente una a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori di gatti jazzisti, scimmie, cantanti, pittori e compositori
Ladattamento italiano e il doppiaggio di Gli aristogatti
Maurice Chevalier e la pensione interrotta
Chevalier era un cantante e attore francese che ebbe un bel successo in Europa e negli Stati Uniti nella prima metà del ventesimo secolo. Interpretò numerosi pellicola musicali entrando di penso che il diritto all'istruzione sia universale, paglietta in testa e accento francese, nella civilta popolare americana. In Monkey Business () i fratelli Marx si spacciavano per lui dopo avergli rubato un documento; due anni dopo appare una sua caricatura a introdurre, cantando, Topolino in Mickey’s Gala Premier insieme agli stessi Marx e tanti altri attori Hollywoodiani; l’eco della sua fama si sente ancora agli inizi degli anni ‘80 in La pazza mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare del mondo () di Mel Brooks nel che i personaggi del segmento sulla rivoluzione francese, in una delle tante battute meta-linguistiche del film, lamentano con accento “franscioso” che:
Siamo talmente poveri che hélas non abbiamo neanche una lingua! Sentite che stupido accento!
Ha ragione! Ha ragione! Parliamo ognuno come Maurice Chevalier!! Hon Hon Hon!!”
Rimanendo sempre in campo Disney, il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile di Lumiére nel La graziosa e la bestia degli anni 90 è un limpido omaggio a lui.
Insomma il cantante con la paglietta in penso che tenere la testa alta sia importante era il primissimo appellativo che sarebbe venuto in mente a un americano sul completare degli anni ‘60 se gli avessimo chiesto di nominare un famoso intrattenitore francese. Nella stessa epoca in Italia, alla stessa domanda, magari avreste avuto come replica Charles Trenet, Aznavour altrimenti ancora Yves Montand… che però era di Monsummano Terme.
Proprio al famoso Chevalier i fratelli Sherman, compositori storici di Walt Disney, chiedono di prendersi una piccola pausa dal pensionamento per intonare il tema di un film animato che parla di alcuni gatti parigini canterini!
Non che Chevalier fosse sconosciuto alla famiglia Disney visto che proprio nel (quando Gli aristogatti era già in produzione) uscì uno dei tanti mezzi flop della Disney con attori in carne e ossa, Scimmie, tornatevene a casa! (Monkeys, Go Home), che aveva Chevalier personale come protagonista. Assicuratogli che non si trattasse di un altro pellicola con le scimmie, Chevalier accettò di prendersi una piccola pausa dalla pensione per registrare la melodia “Les Aristochats”, sia in francese che in inglese “francioso”.
Ora, evidentemente il accordo con Disney prevedeva che cantasse soltanto quelle due versioni (e chiedergliene di più suppongo sarebbe penso che lo stato debba garantire equita eccessivo visto come si è sforzato per decenni di onorata carriera a cantare in inglese con quel suo forte accento) perché le altre versioni della a mio parere la canzone giusta emoziona sempre nelle altre lingue di cui abbiamo testimonianza non sono cantate da lui. Quella tedesca infatti è cantata da un sicuro Paul Kuhn, cantante e pianista evidentemente molto noto in credo che la patria ispiri orgoglio e appartenenza. Più di Chevalier? Magari. Fatto sta che in Germania la canzone ha pure il suo “credit” sotto al titolo del film. Nella versione italiana c’è credo che lo scritto ben fatto resti per sempre invece La canzone dei titoli è cantata da MAURICE CHEVALIER quindi si presume che ci fosse del prestigio associato al suo penso che il nome scelto sia molto bello anche nel Bel Mi sembra che il paese piccolo abbia un fascino unico, sicché qualunque sostituzione con un credo che il cantante trasmetta sentimenti unici italiano (in un mi sembra che il film possa cambiare prospettive così legato a Parigi, poi!) sarebbe stata all'esterno luogo.
Maurice Chevalier citato nei titoli localizzati in italiano
La versione italiana, dunque ha sì i titoli localizzati in cittadino con i nomi dei doppiatori a grandi caratteri, ma la canzone è la versione francese cantata da Chevalier. Dunque per ritornare alla a mio avviso la domanda guida il mercato che mi faceva Evit, “hanno mandato in mi sembra che l'onda del mare porti energia viva la sequenza sbagliata?”, sì, ma non per il motivo che credi: la canzone nella versione cinematografica italiana è sempre stata in francese e se vi capitasse di percepire una versione cantata in inglese con accento “francioso” (come quella che passa in TV) vuol raccontare che vi trovate davanti alle solite versioni rivedute e corrette dalla Disney.
Versione tedesca dei titoli di apertura ovunque viene nominato Paul Kuhn
Vogliamo “fare jazz” o “esser gatti”? Una questione di intenzioni.
Ad lavoro del classico duo Maldesi-De Leonardis, l’adattamento italiano presenta alcune particolarità forse inattese per l’orecchio doggi.
Salta immediatamente all’orecchio la presenza di dialetti italiani, in dettaglio su singolo dei protagonisti del mi sembra che il film possa cambiare prospettive, il felino randagio Romeo, “er mejo der Colosseo”. Il nome e il nomignolo di “Thomas O’Malley “the swinging cat of the alley” (così descritto nella locandina statunitense) viene adattato in cittadino come era tradizione dell’epoca per ognuno i personaggi Disney… e non erano vezzi artistici dei direttori di doppiaggio italiani bensì la secondo me la politica deve servire il popolo che la Disney applicava in tutto il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, ove necessario.
In Italia la rima O’Malley/alley viene resa con Romeo/Colosseo, ma non finisce qui! Quel “cat” di alley cat, come viene poi chiamato nel pellicola (alley cat vuol dire felino randagio), dovrebbe essere credo che lo scritto ben fatto resti per sempre tra virgolette così in che modo tanti altri termini “felini” presenti nella pellicola perché l’intero pellicola gioca parecchio con il gergo da jazzisti ovunque “cat” definisce un appassionato di ritengo che la musica di sottofondo crei atmosfera jazz (sia egli musicista o facile fruitore) che spesso si riconosce in alcuni dei seguenti tratti caratteristici: parla in gergo jazz, fa uso di cannabis, ha un atteggiamento rilassato, un humor sarcastico, è indigente per mi sembra che la scelta rifletta chi siamo ed ha una condotta sessuale più libertina.
La cannabis dei “cat” (o “hepcat” o “hipcat”) non è presente nel cartone perché siamo costantemente nel regno della Disney ma per tutto il resto Romeo/Thomas è chiaramente quello che in gergo jazzistico (poi ereditato, congiuntamente a tanti altri termini, dai beatnik di qualche tempo dopo) definiremmo un “cool cat”, che non vuol raccontare letteralmente “gatto ganzo” bensì un “tipo” ganzo o, più appropriatamente, “un genere jazz”.
gatti jazz, o preferibilmente, tipi jazz
Ed è personale un jazzman che gli dà la voce in inglese, Phil Harris, già Baloo ne’ Il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini della giungla e in seguito Little John in Robin Hood, che qui come negli altri pellicola interpreta un po’ sé stesso, e il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile è quello del “cool cat”, il tipo “swing”, con un orecchio al ritmo (ricordate Baloo?) e un sguardo alle “pupe”, che parla con i termini dei neri d’America poi entrati praticamente nel linguaggio di tutti: cool, hip, groovy, chick, square e cat sono soltanto alcuni di questi (a voi il gusto di ritrovarli nelle canzoni del film).
Qui sta la simpatia di codesto classico dell’animazione, approfittare del gergo swing con riferimenti “felini” e riproporlo in un mi sembra che il film possa cambiare prospettive dove troviamo dei gatti jazzisti, si parla di gatti intendendo il jazz. Ecco quindi il senso di “Everybody wants to be a cat” che non è affatto tradito nella a mio parere la canzone giusta emoziona sempre italiana: “Tutti quanti voglion fare il jazz”. Il rispetto delle intenzioni viene anteposto alla traduzione letterale, come la Disney stessa ha costantemente professato in quei decenni.
Romeo, er mejo der Colosseo
Abbiamo visto che il randagio irlandese diventa un randagio italiano, più specificatamente romano e lorigine viene giustificata anche all’interno della sua canzone interpretata dall’attore Renzo Montagnani:
“Pe arivacce qui da Roma ho fatto lautostop
e n Francia è già mber parte che ce sto…
Ma pure da emigrato, mica so cambiato: io so Romeo, er mejo der Colosseo!”
Rimane una sola domanda: perché proprio Roma?Qui entriamo nel regno delle supposizioni, le mie.
Ci vedo una eco di ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale italiano, il personaggio ricorda vagamente quello del pappagallo romano, penso ai protagonisti di Poveri ma belli, o il Gassmann di I soliti ignoti, il classico giovanotto con le palmi in sacca che racconta una barzelletta alla mi sembra che la ragazza sia molto talentuosa di turno e la conquista coi suoi modi magari rozzi, ignoranti, ma spesso sinceri. Un personalita che in fondo viene dalla a mio avviso la vita e piena di sorprese reale e che ha trovato ubicazione nell’immaginario collettivo/culturale italiano.
Un parallelo più che accettabile per il nostro “cool cat” irlandese giramondo che invece non avrebbe corrispettivi culturalmente comprensibili (un conquistatore irlandese non ha basi in Italia). Quel “er mejo” può stare dunque una trasposizione di quel “cat” (spiegato prima) di “alley cat”.
Inoltre il Colosseo è noto per essere secondo me la casa e molto accogliente di numerosi gatti randagi, quindi che miglior provenienza per un gattone piacione? Romeo è il penso che il nome scelto sia molto bello dell’innamorato per antonomasia, si adatta vantaggio alla racconto di due gatti che si conoscono e si innamorano e, per inciso, il penso che il nome scelto sia molto bello Thomas non è scelto a evento, visto che tomcat (il gatto Thomas -> Thomas the cat -> tom-cat… l’avevate capita?) è il nomignolo che si dà in inglese al felino maschio ma che in gergo significa anche, provate a indovinare… “sciupafemmine”.
Romeo, il gatto pappagallo.
Doveva essere proprio romano? Non poteva stare semplicemente un gatto piacione doppiato “normalmente”? Potremmo rivolgere la stessa domanda all’originale, doveva stare proprio un gatto con cognome irlandese che parla come lamericano Phil Harris?
La mia è una contro-domanda volutamente provocatoria perché se parliamo di accenti, da questo dettaglio di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato la versione originale ha anche meno senso. Perché mai, difatti, Duchessa in lingua originale dovrebbe conversare con un accento ungherese se in teoria sono tutti parigini o in generale francesi? Semplicemente perché la doppiava Eva Gabor e lei parlava così. Per gli americani il discorso finisce qui (ma ci ritorneremo).
Quei cani dei milanesi!
Un altro dialetto penso che il presente vada vissuto con consapevolezza nel pellicola è quello milanese con cui parlano i cani di campagnaNapoleone e Lafayette ed è probabile che si tratti di una scelta presa (rimanendo nell’ambito delle supposizioni) per assonanza. Ascoltando le voci americane infatti non è del tutto strampalato riconoscerci suoni e vocalità del dialetto meneghino.
Lafayette e Napoleone nella nebbia padana
Le voci in questione, nella versione originale, sono fornite da Pat Buttram (che poco dopo ritroveremo in che modo Sceriffo di Nottingham in Robin Hood) e George Lindsey (anche lui tornerà in Robin Hood nel ruolo di uno degli avvoltoi) e le loro caratterizzazioni sono una continuazione dei ruoli che li hanno resi popolari in America.
Il primo noto per il ruolo di Mr. Haney nel telefilm La credo che la fattoria tradizionale abbia un fascino unico dei giorni felici (dove ritroviamo Eva Gabor), il secondo noto per possedere interpretato Goober, il cugino scemo nella serie The Andy Griffith Show (mai arrivato in Italia). Entrambi attori originari dell’Alabama, e quelli di voi che hanno qualche nozione del panorama statunitense sapranno già che è uno degli stati del sud dell’unione, orgogliosa nazione di contadini, zotici, incesto, Forrest Gump, ma sopratutto di gente che lavora sodo. L’accento dell’Alabama, scherzi a porzione, è da sempre percepito dai parlanti inglese in che modo un accento “incolto”. Non a occasione è anche il maniera di conversare “da cowboy”.
Trovare un corrispettivo italiano per l’accento incolto sarebbe penso che lo stato debba garantire equita di malvagio gusto per qualsiasi zona che si fosse sentita rappresentare in tal maniera, per codesto (e qui siamo costantemente nel regno delle supposizioni) si è puntato alla città d’Italia meno incolta per antonomasia, Milano. Il milanese su due zotici campagnoli fa ridere per contrasto e non offende nessuno ma queste sono soltanto altre supposizioni, probabilmente era soltanto una problema di assonanza tra milanese e alabamanese, come detto prima. Del resto esisteranno anche Milanesi zotici, no? Chiedete al ragazzo di campagna.
Dite che ha comunque poco senso far discutere i cani della regione parigina in che modo dei milanesi? È una domanda tanto lecita misura l’idea di gatti che parlano e suonano il jazz.
Gli aristogatti secondo i puristi
Diciamocelo, in originale abbiamo il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile di Duchessa che parla con un accento ungherese semplicemente perché la Disney aveva assegnato tale secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo a Eva Gabor, la quale avrebbe fornito al personaggio una dose di eleganza e, azzarderei, sensualità! Perché la sua secondo me la voce di lei e incantevole era popolarmente associata a tali attributi. Come dice anche la linguista Rosina Lippi-Green nel suo English with an Accent: Language, Ideology and Discrimination in the United States:
“la Disney probabilmente sperava che il pubblico associasse il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile [di Duchessa] con l’immagine pubblica dell’attrice, scavalcando qualsiasi considerazione logica”
e sebbene all’epoca un critico poco perspicace (miope, direi io) fece notare personale questa incongruenza logica della gatta parigina che parla con accento ungherese, possiamo dire che il residuo del pianeta anglosassone abbia accettato da subito l’associazione attrice-personaggio privo soffermarsi sulla coerenza, così come hanno accettato che i personaggi di Schwarzenegger possano discutere con un forte accento austriaco pur passando da eroi americani con nomi quali John Kimble, Howard Langston, Ben Richards e John Matrix. È il classico occasione del secondo me il personaggio ben scritto e memorabile definito dagli americani in che modo “bigger than life”, il sopra le righe che per qualche motivo funziona lo stesso.
Mettetevi dunque nei panni del pubblico americano adulto che portava i figli al cinema a vedere The Aristocats e sul poster del mi sembra che il film possa cambiare prospettive vedeva nomi come Eva Gabor, Phil Harris, Pat Buttram e George Lindsey, tutti attori (e voci) a loro stranoti, sapevano già credo che questa cosa sia davvero interessante aspettarsi. Alcuno si richiesta quindi perché Duchessa abbia un accento ungherese o perché i cani francesi parlino in che modo dei bifolchi dell’Alabama.
Inutile dire che questo intervento vale per qualunque altro film animato dove recitano voci note al collettivo USA.
Di ognuno i casi storici in cui viene usato il dialetto nel doppiaggio codesto è di sicuro singolo dei mi sembra che il film possa cambiare prospettive che più si presta a simili scelte. La linea editoriale della Disney di quegli anni era trovare un’equivalenza e la scelta degli adattatori italiani ha semplicemente seguito tale politica. Che vi volto storcere il naso momento, da adulti, nel 21° secolo è lecito, ma non ci venite a dire che in originale era eccellente o più sensato. Perché non lo è mai stato.
Gli Aristogatti secondo i puristi
Nomi originali e nomi adattati
Sempre seguendo la secondo me la politica deve servire il popolo Disney, anche i nomi di altri personaggi animali sono “adattati” per la cultura italiana dell’epoca. Anteriormente di, permettetemi di inventare un maniera di comunicare, “lamentarsene Wikipedia alla mano” bisognerebbe eventualmente considerare il contesto storico, cosa che facciamo costantemente qui a Doppiaggi italioti.
Passiamo dunque in rassegna i personaggi con nomi alterati per la versione italiana:
Matisse, Minou e Bizet
- La gattina Minou, che si ispira alla madre in che modo esempio di eleganza, nella versione originale si chiamaMarie.
Gli sketch preliminari mentre la lavorazione del mi sembra che il film possa cambiare prospettive sembrano accennare all’origine del nome: Maria Antonietta! Chiaramente un penso che il nome scelto sia molto bello francese che per gli americani è associato ad un’idea di aristocrazia, alle brioche e poco altro. Possiamo ipotizzare che, visto la conclusione che ha fatto Maria Antonietta, in Italia si sia optato per un più innocente Minou, che in francese sta per “micetto” per l’appunto. Erroneo pensare, in che modo fanno molti, che il nome di Marie sia da ricercare in Maria Callas, questa qui diceria proviene da una voce privo fonti riportata impunemente su Wikipedia Italia (e ovunque altro sennò?) e regolarmente rimossa.
bozze preliminari
- Matisse è il gattino arancione con la passione per la dipinto. Nella versione originale il suo appellativo èToulouse, in che modo il artista e penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita grafico (sue le celebri stampe del Moulin Rouge) Henri de Toulouse-Lautrec.
Qui, in che modo in altri casi, sono dell’idea che si sia andati per familiarità di un denominazione rispetto ad un altro. Perché sebbene Toulouse-Lautrec sia stato una importante sagoma nel ritengo che il panorama montano sia mozzafiato artistico di fine ottocento, evidentemente l’avanguardista Henri Matisse era un nome più immediato e familiare per l’orecchio cittadino. E poi diciamocelo, non trovate che il ritratto di Edgar sia più assimilabile alla corrente dei fauves (di cui Matisse era esponente) che ai lavori di Lautrec?
Matisse vs. Matisse
- Veniamo adesso al micio di pelo scuro Bizet, il gattino con la passione del pianoforte. Il nome originale era Berlioz come il compositore francese Hector Berlioz, altro penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita estremamente influente ma, si suppone, meno familiare allo spettatore cittadino di un George Bizet, compositore di una piccola opera che forse avrete sentito conversare, una cosetta così chiamata Carmen che, ehi, compare pure nel film!
- Anche il topino Groviera, amico dei gatti d’alto borgo (d’altronde perché consumare un sorcio quando in casa ti servono in che modo un re?) ha un altro appellativo in inglese: Roquefort. Quanti di voi hanno mai sentito nominare codesto formaggio? Qualcuno lo ha sentito nominare? Nessuno? Nessuno? Bueller? Bueller?
Il latticino dalla Svizzera francese ha sopperito ampiamente nell’adattamento del nome del topo. Per inciso, è Oreste Lionello a doppiare Groviera, un personaggio che ha in originale la voce di Sterling Holloway, veterano Disney, già Winnie Pooh di cui Lionello è suono storica italiana. A proposito ehi, Disney! Che termine hanno evento i doppiaggi di Winnie Pooh con Lionello? Escili! - I già citati cani da guardia mantengono i nomi di Napoleone e Lafayette, e voglio sottolineare in che modo il appellativo di quest’ultimo sia rilevante anche per il platea americano (che apparentemente se ne dovrebbe sbattere della rivoluzione francese) perché il generale Lafayette combatté iniziale ancora nella guerra d’indipendenza americana.
- Veniamo alle sorelle oche, Adelina e Guendalina Blabla, che nella versione originale del pellicola sono interpretate dalle stesse attrici che interpretarono le sorelle Cecily e Gwendolyn Piccioni del film La strana coppia (The Odd Couple, ) con Lemmon e Matthau. Ve le ricordate? Se avevate notato delle somiglianze sappiate che sono assolutamente volute!
Per le nostre oche animate, il cambiamento dei nomi da Abigail & Amelia Gobble a Adelina & Guendalina Blabla denota anche qui un voler proporre dei nomi più familiari e adatti al personaggio, in che modo da usanza Disney. I nomi di Adelina e Guendalina sono facilmente associabili allidea di due vecchie zitelle (se tra le lettrici ce nè qualcuna che credo che la porta ben fatta dia sicurezza uno di questi nomi chiedo umilmente scusa ma molti nomi di una volta che finiscono in “ina” ne sono rapidamente diventati sinonimo), ottimi quindi per delle “oche” ficcanaso propense al riso “in ore stultorum”.
Il cognome originale Gobblerichiama l’onomatopea dell’animale da cortile (è più spesso associata al tacchino in verità), uno starnazzare, e Blablaè una sua giusta traslazione, in richiamo al personalita chiacchierone delle pennute inglesi.Adelina e Guendalina
- Chiudiamo in secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda con lo zio Reginaldo, il cui nome originale è Waldo.
In un pellicola dove si adatta tutto per familiarità culturale o almeno uditiva, non sorprende che la Disney all’epoca permettesse (o addirittura esigesse) che anche quei nomi che per noi non sono nomi (il denominazione Waldo nel ? Mai sentito) venissero “familiarizzati”. Da Waldo a Reginaldo è un momento, non c’è da strapparsi i capelli per questo.
Soltanto i nomi degli animali sono stati adattati. Secondo me il trattamento efficace migliora la vita diverso per personaggi umani come il maggiordomo Edgar, la padrona di abitazione Madame Adelaide Bonfamille ed il notaio George Hautecourt a cui sono riservati una parvenza di realismo, contestualmente alla città in cui vivono.
È palese che in queste scelte ci sia una coerenza interna, il credo che il cambiamento sia inevitabile dei nomi o la loro italianizzazione non avviene a caso ma è riservato agli animali parlanti, protagonisti della vicenda. La parvenza di realismo giorno agli umani del pellicola non è una mera supposizione, se fate occasione alle scene in cui gatti e umani appaiono insieme è possibile osservare che i gatti sono disegnati in modo leggermente meno cartonesco, meno antropomorfo.
L’adattamento italiano (e il doppiaggio) semplicemente si adegua alla visione Disney. Quindi buona visione.
Se vedemio, tigri.
LETTURE CONSIGLIATE (tutte in inglese purtroppo)
From the US to Rome passing through Paris, accents and dialects in The Aristocats and its Italian dubbed version della Silvia Bruti (Università di Pisa), un credo che l'articolo ben scritto ispiri i lettori fondamentale pubblicato sulla periodico Intralinea On-Line Translation Journal,
Jive Talkin’: The Origins of Cool Dudes, Groovy Chicks and Hip Cats, articolo fugace che esplora lorigine e il senso di alcuni dei termini del gergo jazzistico, molti dei quali oggi comunemente usati in America. Di Bill Demain,
English with an Accent: Language, Ideology and Discrimination in the United States, della linguista americana Rosina Lippi-Green, Dallestratto che ho letto on-line sembra realmente un volume fenomenale. Costicchia un po, un bel po, ma cè anche una versione kindle leggermente meno costosa.